Il farmacista di reparto affiancherà il medico: meno errori e risparmio risorse
Fornire consigli sulla gestione della terapia farmacologica, informazioni sull’effetto dei farmaci e spiegare al paziente come proseguire il trattamento a casa dopo la dimissione.
Sono alcuni dei compiti del farmacista di dipartimento, la figura professionale che, affiancando il medico in corsia, porta significativi vantaggi sia ai pazienti – in termini di sicurezza e di maggiore consapevolezza delle cure cui si sottopongono – sia al Servizio Sanitario Nazionale in termini di risparmio, grazie a un uso più efficiente delle risorse.
I dati emergono dal progetto pilota, avviato nel marzo 2010 e terminato nel giugno di quest’anno dal Ministero della Salute che ne ha affidato la conduzione alla SIFO (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie).
La sperimentazione condotta in 5 ospedali (Torino, Padova, Ancona, Bari, Taormina) ha evidenziato una riduzione nella necessità di scorte di farmaci in reparto fino all’88% grazie all’uso razionale dei medicinali.
Il Progetto ha portato alla stesura di un manuale teorico-pratico (“Il farmacista di dipartimento quale strumento per la prevenzione degli errori in terapia e l’implementazione delle politiche di Governo clinico in ambito oncologico”), presentato oggi al Dicastero della Salute.
“L’obiettivo – spiega la dott.ssa Laura Fabrizio, presidente SIFO – è stato quello di produrre un modello di riferimento per avviare l’introduzione del farmacista di dipartimento in tutte le aziende sanitarie italiane. Si tratta di un’innovazione assoluta nel campo della salute, che contribuisce significativamente alla sicurezza dei pazienti.
In particolare può concorrere a prevenire gli errori in terapia e a minimizzarne gli esiti, intervenendo in ognuna delle fasi che caratterizzano il percorso del farmaco in ospedale: prescrizione, preparazione, trascrizione, distribuzione, somministrazione e monitoraggio.
La presenza di un farmacista, anche durante le visite in reparto, riduce drasticamente gli eventi avversi con un notevole risparmio sui costi sanitari e una diminuzione della durata delle degenze”. Nel Progetto ministeriale sono stati coinvolti in particolare i Dipartimenti di Oncologia ed Ematologia, in cui vengono utilizzati trattamenti ad alto costo, che richiedono monitoraggio intensivo.
Questi farmaci devono essere monitorati secondo procedure rigorose, possono presentare reazioni avverse anche di notevole entità e sono sottoposti a rigide norme di sicurezza sia per i pazienti che per gli operatori. “L’introduzione della figura del farmacista all’interno del dipartimento oncologico – sottolinea il prof. Marco Venturini, presidente eletto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) – è di primaria importanza.
Lavora in corsia a stretto contatto con il medico e permette una gestione più oculata del farmaco, abbattendo del 30% le possibilità di errori, come gli scambi delle medicine tra un paziente e l’altro. Dati sorprendenti ma reali, che si basano su risultati già registrati in alcuni ospedali italiani”.
Nei centri coinvolti nella fase sperimentale del Progetto sono state effettuate anche indagini per valutare il grado di soddisfazione dei pazienti e degli operatori sanitari (medici e infermieri). Il 58% dei pazienti ritiene che il farmacista di reparto svolga un ruolo importante nella spiegazione della terapia (in particolare fornendo informazioni su come proseguire la terapia al domicilio e sugli effetti collaterali).
Per il 91% dei medici e il 90% degli infermieri la nuova figura è di supporto al paziente. Tutti i camici bianchi hanno giudicato positivamente la sperimentazione: il 70,6% per la possibilità di confronto e il 20,4% per l’alleggerimento del carico di lavoro. In Oncologia, ma anche nelle altre branche mediche, l’appropriatezza nella scelta del farmaco per ogni paziente sta assumendo un ruolo sempre maggiore: trattamenti mirati, dosaggi targetizzati, monitoraggio del rapporto costo-efficacia sono tematiche sempre più all’ordine del giorno e che per alcuni medicinali molto costosi e innovativi, come quelli oncologici, assumono un’importanza fondamentale anche per la sostenibilità da parte del SSN.
“L’obiettivo comune – continua il prof. Venturini – è il superamento dell’apparente contrapposizione fra oncologo che deve curare, prescrivere e somministrare i farmaci ed il farmacista che deve, invece, risparmiare.
Una contrapposizione semplicistica e falsa che oggi si è trasformata invece in una vera propria collaborazione, in cui l’oncologo decide quali sono i farmaci più appropriati e ne discute, a seconda dei casi, con il farmacista, coinvolto a pieno titolo nel percorso terapeutico”. Gli enti esterni che hanno collaborato al programma ministeriale, oltre all’AIOM, sono la Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (FOFI), la European Association of Hospital Pharmacists (EAHP), l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (MI), l’IRCCS Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo (FG) ed il Centro elaborazione dati dell’Università Bocconi di Milano.
“Il farmacista di reparto – conclude la dott.ssa Fabrizio – è una realtà quotidiana in molti Paesi europei, negli Stati Uniti, in Canada, Australia e Nuova Zelanda.
Le funzioni non sono le stesse in tutti i Paesi ma sono adeguate ai Sistemi Sanitari Nazionali.
Generalmente in Europa e negli USA i farmacisti si occupano delle interazioni tra farmaci e del corretto schema posologico. Da un punto di vista internazionale l’orientamento è chiaro: il farmacista di reparto deve avere un ruolo importante in ospedale e i modelli già esistenti possono funzionare anche nel nostro Paese.
I risultati della sperimentazione hanno dimostrato il cambiamento tra ‘il prima’ e ‘il dopo’ la sua introduzione: incremento del numero di pazienti iscritti nel Registro AIFA dei farmaci oncologici, con un conseguente accesso più facile alle terapie anti-tumorali; maggiore attenzione all’utilizzo dei medicinali fuori dall’indicazione per cui sono registrati; riduzione del valore in euro delle scorte di farmaci nell’armadio di reparto; diminuzione delle ri-ospedalizzazioni per reazioni avverse da medicinali; attività di vigilanza e prevenzione del rischio clinico; alta qualità percepita da parte degli operatori sanitari e dei pazienti”.
Le cinque strutture sanitarie coinvolte nella sperimentazione sono state: l’Azienda Ospedaliero-Universitaria San Giovanni Battista di Torino (Le Molinette); l’Istituto Oncologico Veneto IRCCS; l’Azienda Ospedaliera Universitaria Ospedali Riuniti di Ancona; l’Istituto Tumori “Giovann+i Paolo II”- IRCCS Ospedale Oncologico di Bari e l’Ospedale “San Vincenzo” di Taormina dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Messina.
Fonte: http://quellichelafarmacia.com/